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"AMANDO BERLINO"

A cura di Nevia Capello

Palazzo Albrizzi, Venezia

06 Giugno - 07 Luglio 2014

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“Non crediate che una linea diritta sia fredda e immobile! Dovreste solo disegnarla con vivacità e osservare bene il suo andamento.
È, alternativamente, sottile o più spessa e con un tremolio leggero e nervoso.
I paesaggi delle nostre capitali non sono tutti luoghi di battaglie matematiche! Sulle strade siamo sopraffatti da triangoli, quadrati, figure a più lati e cerchi.
Linee diritte sfrecciano in tutte le direzioni. Ovunque ci pungono figure aguzze.”

Ludwig Meidner, Guide to Painting City Landscapes

(Guida alla pittura di paesaggi cittadini) (1914)

L'immagine della città è da sempre un soggetto di grande attrazione per l'artista. Ancora nel diciannovesimo secolo il vedutismo rappresentava l'unica possibilità di mantenere visibile la vita di una città, trasmettendone, in un preciso momento storico, un fedele ritratto, completo di edifici, strade, piazze e dintorni, resi da diversi punti di vista, prospettive o panorami. La funzione rappresentativa della pittura passa in secondo piano rispetto ad una visuale più individualistica della città con l'avvento di nuovi mezzi espressivi, quali fotografia e film, di nuove forme artistiche, che si affermarono con l'impressionismo e l'espressionismo, il surrealismo e nell'arte astratta. I tumulti del ventesimo secolo, le guerre e gli stermini di popoli hanno cambiato molte città europee fino a renderle irriconoscibili. Secolari simboli e immagini di città scolpite nella pietra sono scomparsi, e al loro posto ne stanno sorgendo di nuovi.

Berlino ha subito enormi cambiamenti dalla fine della divisione. Il muro che divide la città è scomparso, è diventato un pezzo da museo ed è ancora riconoscibile sulla pavimentazione delle strade in alcuni punti del centro della città. Strade che un tempo erano desolate si sono trasformate in pochi anni in un paesaggio cittadino vibrante e vivace. Le nuove costruzioni hanno cambiato interi quartieri del centro, molti edifici sono stati ristrutturati, e ancora di più ne sono stati costruiti di nuovi. Scavi e gru erano negli anni Novanta i segni evidenti della rinascita di Berlino. Sono sorti nuovi simboli che danno ai turisti punti di riferimento e che forniscono agli abitanti una parte della propria identità.

La pittrice italiana Miresi, che fa la pendolare tra Milano e Berlino, ha vissuto a stretto contatto la radicale trasformazione di questa città dalla metà degli anni Novanta. È affascinata dall'energia e dalla vivacità che questa città emana. In una serie di dipinti di grande formato e di opere a tecnica mista più piccole, che lei intitola Amando Berlino, si confronta con i nuovi simboli architettonici di questa città. Si sente sopraffatta dalla volta trasparente del Reichstag, opera di Sir Norman Foster, dalla struttura e forma eccezionali del Museo Ebraico di Daniel Libeskind e dall'imponente senso dello spazio trasmessa dalla Potsdamer Platz con i suoi grattacieli.

Nell'estate del 1995 Christo e Jean-Claude copersero il Reichstag; fecero seguito i lavori di ristrutturazione fino alla sua attuale struttura, curati da Sir Norman Foster, che lo adattò a diventare la sede del Parlamento della confederazione tedesca. Il colosso neoclassico, che durante la Guerra Fredda segnava il confine tra Est e Ovest, mostra le tracce della sua conquista nel 1945 nei graffiti incisi dai soldati sovietici nei corridoi del Parlamento. Una cupola di vetro che simboleggia la trasparenza e la consapevolezza democratica della nuova repubblica incorona l'edificio. Il visitatore può salire fino in cima alla cupola tramite una scala a chiocciola e osservare i lavori del Parlamento, che si riunisce proprio sotto di lui. Da qui gli si schiude anche un panorama della nuova Berlino.

Il Museo Ebraico di Berlino, opera di Daniel Libeskind, ha risvegliato l'attenzione di tutto il mondo già durante l'epoca della sua costruzione. Nella sua parte esterna, la facciata in metallo, sfaccettata, e nella struttura interna, negli spazi vuoti, nella Torre dell'Olocausto, nelle assi labirintiche e nel Giardino dell'Esilio inclinato, l'edificio dà voce alla memoria ebraica di Berlino e alla sua estinzione durante il nazionalsocialismo.

La Potsdamer Platz, una volta il cuore pulsante della città, si è trascinata per cinquant'anni in una esistenza anonima ai margini della storia del mondo. Nella Repubblica di Weimar essa, in quanto piazza di maggior traffico d'Europa, era il simbolo del ritmo della grande città. Completamente distrutta durante guerra, diventò un luogo del nulla con segni di morte, il Muro e zone a sterpaglia, costretta tra due sistemi politici. Oggi la Potsdamer Platz cerca di ricollegarsi alla dinamica di una passata metropoli attraverso i suoi grattacieli, le zone commerciali, gli hotel, i ristoranti, i teatri e i cinema e il suo labirinto di traffico sotterraneo. Qui è sorta una nuova città nella città, che viene considerata dai visitatori di Berlino come il nuovo centro della città.

Tutte queste costruzioni sono già state fotografate fino alla nausea, sono segni della Berlino rinata e da molto tempo vengono utilizzati come mezzo pubblicitario per il marketing della città. Miresi si occupa di questi segni quasi banali, che tutti pensano di conoscere, e li trasforma nel suo atto pittorico espressionista in linee verticali, strutture sciolte e superfici di colore spesse che per la maggior parte hanno un contorno nitido, marcato.
Il nero domina. Queste architetture di colori non sono più raffigurazioni tangibili del mondo reale, sono molto più espressione di un sentimento della vita, di un'energia, di una dinamica, che l'artista percepisce nell'atmosfera di questa città.

Per Miresi il colore ha una qualità emotiva, dominano non i toni puri bensì i toni spezzati e scuri. La geometria argentea dell'edificio di Libeskind si fragmenta in un turbine di colori caotico. La cupola di vetro del Reichstag si trasforma in un carosello vertiginoso e dei grattacieli della Potsdamer Platz rimangono infine - ridotti al minimo - solo linee nere, che lasciano trasparire la luce.
Miresi ha svuotato questi luoghi altrimenti sovraffollati, ha bandito gli uomini e la natura, per evidenziare la forza solitaria dell'architettura.
Fedele all'affermazione "Da parte mia non sono né imbarazzata ad aver praticato ieri l'astrazione e oggi il figurativo, né esito ad agire contemporaneamente in entrambe le direzioni", con la serie Amando Berlin Miresi si allontana dall'oggettività dei luoghi e delle costruzioni per cogliere nell'astrazione l'energia e la dinamica di Berlino e dei suoi nuovi simboli. Sempre in transito tra Berlino e Milano, vive e sperimenta la nostra città in modo più originario e più distaccato di quanto potrebbe riuscire a noi, che viviamo qui stabilmente.

Helmuth F. Braun, Berlin, 2004

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